dimanche 4 novembre 2012

4 Novembre 1966: alluvione a Venezia e acqua alta record!

Un punto di svolta nelle vicende che riguardano Venezia e la sua laguna è rappresentato dall’evento alluvionale del 4 novembre 1966. Si trattò di un fenomeno di portata eccezionale per il nostro Paese che colpì con particolare violenza il Triveneto e la Toscana. Per quanto riguarda il Nord-Est, numerose furono le frane e i dissesti nella parte montana dei bacini ove si contarono circa 100 vittime. Le portate massime lungo i tratti di pianura dell’Adige, del Brenta, del Piave, del Livenza e del Tagliamento, stimate nell’ordine delle migliaia di m³/s, diedero luogo a numerose ed estese rotture degli argini con allagamenti che perdurarono svariate settimane provocando ingenti danni al tessuto economico e sociale in tutta la pianura veneto-friulana.



In prossimità della laguna di Venezia, le rotture degli argini del Piave e del Brenta si svilupparono secondo dinamiche che tendevano ad rioccupare l’antico assetto dei tronchi terminali andando a lambire i confini dello specchio lagunare.
Il 4 novembre 1966 fu altresì caratterizzato da una violentissima mareggiata dell’Alto Adriatico che spazzò via lunghi tratti del litorale danneggiando porti e difese costiere. L’evento fu accompagnato da una eccezionale alta marea che, nel pomeriggio del 4 novembre, raggiunse a Venezia il livello massimo di 194 cm, mai registrato in precedenza. La città venne completamente sommersa. La sopravvivenza della laguna venne messa a dura prova dalla straordinaria forza del mare che, sostenuta da un’alta marea mai così elevata, si abbattè sui Murazzi del Lido, di Pellestrina e di Sottomarina. La forza delle onde, che al largo raggiunsero altezze significative di oltre 6 m, distrusse le dighe foranee alle bocche di porto e diede luogo a diffusi sfondamenti del cordone litoraneo. Le autorità furono obbligate ad evacuare gli abitanti dell’isola di Pellestrina e i veneziani temettero che il mare avesse “preso” la laguna.

L’evento del 1966, nella sua complessa dinamica, riportò drammaticamente in luce l’esigenza di difendere la laguna dall’azione aggressiva del mare evocando quindi i timori che i veneziani, sin dal tempo della Serenissima, riponevano nei riguardi delle mareggiate scatenate dall’Adriatico.
All’interno della laguna invece l’eccezionale alta marea ebbe caratteri assai differenziati nelle varie zone. Si è detto del livello storico di 194 cm raggiunto a Venezia Punta Salute; ma nella parte settentrionale della laguna si registrarono valori anche superiori. Alla stazione mareografica di Pagliaga, in prossimità dell’aeroporto Marco Polo, venne registrato un valore massimo di 204 cm causato dall’insaccamento prodotto dal vento che, spirando localmente da sud-est con intensità superiori ai 30-40 nodi, sospingeva l’acqua verso la parte settentrionale della laguna “svuotando” la parte meridionale. A Chioggia il livello massimo fu di 165 cm, valore più basso di quasi 30 cm rispetto a Venezia, ma di entità tale da produrre l’allagamento di quasi tutto il tessuto urbano della cittadina lagunare.

Ecco alcune foto dell'epoca che testimoniano l'evento:


Ecco 2 video che mostrano immagini tragiche:


Non solo Venezia subì danni con l'alluvione, ma tutto il Triveneto.

il Piave in piena ruppe l'argine di sinistra a Negrisia, località di Ponte di Piave; di destra a Sant'Andrea di Barbarana, località di San Biagio di Callalta e a Zenson di Piave. Travolse campagne e paesi trascinandosi morte e distruzione. Mise in ginocchio un'economia appena sbocciata, stroncò l'agricoltura con cui s'identifica la storia di questa gente.
Fu per l'Italia la più disastrosa alluvione del secolo, con Firenze e Venezia assurte a città simbolo del disastro e della tragedia. Il Veneto, il Friùli e il Trentino, le regioni più penalizzate. In questo quadro catastrofico, anche San Donà di Piave fu travolta dalle acque del suo fiume con l'allagamento del 90 per cento del territorio comunale.
Alluvionati furono anche i Comuni vicini, Noventa di Piave e Musile di Piave il più colpito, sott'acqua anche di tre metri. Il fenomeno ebbe origine da condizioni meteorologiche diverse e contrastanti tra loro, di una eccezionalità estrema, al limite della catastrofe.
Da una parte, le piogge persistenti dei giorni 2 e 3 novembre, precipitate sul Nordest, dalle Alpi al mare, ingrossarono i fiumi a livelli di sei-sette metri sopra il livello di guardia. È il caso del Piave a Negrisia e a San Donà.
Dall'altra, uno sciroccale di forza altrettanto rovinosa, durato 12 ore, rigonfiò il mare a quota +1.92 sul suo livello medio, così da impedire il deflusso delle acque dei fiumi in piena. Ma il mare ruppe anche battigie secolari, inondando le terre basse, all'interno dei litorali: Iesolo, il centro storico, le Marine Alta e Bassa e i Salsi. Quindi Musile a Sud di Piave Vecchia ed Eraclea. Il mare risalì i corsi dei fiumi, per alcune ore. È il caso del Piave ad Eraclea.
Di rigore scientifico è l'analisi, al riguardo, di Luigi Fassetta, emerito e dotto direttore del Consorzio di Bonifica del Basso Piave per numerosi anni, compreso il '66.
Alle concause dell'evento calamitoso, per quanto riguarda il sandonatese, c'è da osservare che, mentre gli impianti della Bonifica furono tutti attivati al sollevamento, i collettori delle acque alte, su cui si sarebbe dovuto pompare l'acqua dell'esondazione, erano già in piena per l'effetto delle straordinarie precipitazioni a monte.
Così, le torbide del Piave e del Livenza, già nelle prime ore del giorno 4, raggiunsero la pianura.
Infine, la violenta mareggiata e la conseguente "colma" eccezionale, impedirono ai due fiumi e ai canali emissari delle Bonifiche il deflusso a mare, determinando ritardi che aggravarono la pericolosità delle piene in formazione.

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